Google+ Where We Build Trust

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Originally shared by Antonio Gallo

Lettera aperta a G+,

caro Googleplus non ci conosciamo, ovvero sono io che non ti conosco, ma tu sai tutto di me, di noi, di tutti. Da tempo volevo scriverti e ancora non so se questa lettera la spedirò in Rete, oppure me la spedirò in privato per rifletterci un pò su prima di renderla pubblica ... La riflessione mi porta a pensare che questo spazio che tu ci metti a disposizione gratuitamente è davvero prezioso. Una estensione del nostro pensiero nella quale, liberamente ed in maniera del tutto gratuita, tutti possono esternare e condividere, indipendentemente dalla lingua, cultura, razza o religione.

Vi pare poco? In un mondo in cui vale sempre l'aforisma "o si domina o si è dominati", G+ svolge la sua funzione in maniera del tutto neutrale. Questo è quello che penso dopo di avere fatto una fuggevole esperienza su un'altra piattaforma che vuole essere con te competitiva, creata da qualcuno che con te ha lavorato e che ti conosce bene. Ho scritto con passione e correttezza da quelle parti. Ho avuto modo di conoscere tanti "amici" , per modo di dire. Contatti, piuttosto, incontri casuali, improvvisi, inaspettati, condivisi o controversi. Del resto, questa è l'essenza della Rete.

Ebbene, su quella piattaforma, che adopera il termine "Medium" usato da quel genio della comunicazione che fu Marshall McLuhan, hanno ritenuto opportuno non accettare i miei modesti scritti, in una "pubblicazione" che si vuole interessare di "leggere oggi" perché, a loro dire, le due gentili 'Editor" li hanno ritenuti "non adatti". Vi assicuro non avevo scritto nulla di scorretto da nessun punto di vista, né' formalmente, né eticamente, né culturalmente. Insomma una gratuita censura.

Ho ritenuto opportuno andare via dopo di avere cancellato tutti i miei interventi. Sono essi a non meritare quello che io ritengo di pensare e scrivere in nome della libertà di opinione. Questa gente non ha capito che la Rete sta cambiando il mondo e il modo di pensare. Scrivere in Rete oggi non significa portare alla luce se stessi, ma cercare in una terra incognita il punto di incontro con se stesso e con gli altri. Un viaggio che comporta la traversata del linguaggio e il suo ritrovamento.

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